Sergio Vigilante, ex presidente dell’associazione antiracket di Portici, è stato assolto definitivamente dalle accuse di estorsione per non aver commesso il fatto e di favoreggiamento perché il fatto non sussiste.
Riportiamo l’articolo del giornale Stylo24 che ripercorre le tappe della vicenda.
Calvario finito per l’ex leader dell’associazione antiracket di Portici, Sergio Vigilante. La Procura generale rinuncia al ricorso per Cassazione e l’assoluzione ottenuta nel dicembre del 2019 dal 59enne imprenditore diventa definitiva. A nulla sono valse le accuse lanciate nei suoi confronti dai collaboratori di giustizia Ciro e Mario Morcavallo, ex uomini di punta del clan Vollaro, la cui attendibilità era già stata demolita nel processo di secondo grado celebrato innanzi ai giudici della terza sezione della Corte d’appello di Napoli: proprio in queste sede, infatti, Vigilante si era visto cancellare la condanna a otto anni di reclusione incassata nel rito abbreviato.
Quella che ha portato Vigilante alla sbarra è stata una vicenda giudiziaria dai contorni a dir poco drammatici. Per anni stimato professionista, oltre che simbolo della lotta alla criminalità organizzata, tanto da essere stato persino consulente per la Legalità del Comune di Portici, oltre che autore di numerose denunce contro la mala vesuviana, Vigilante si è ritrovato nel baratro quando i Morcavallo, incalzati dagli interrogativi della Dda, decisero di tirarlo in ballo a proposito di una presunta vicenda di racket ai danni di un fornitore con l’allora presidente dell’associazione antiracket aveva contratto un debito. Da lì alle accuse di estorsione e favoreggiamento il passo fu breve. Ma dopo la condanna che gli è stata inflitta nel rito abbreviato, la situazione si è poi completamente ribaltata in secondo grado. Difeso dall’avvocato Maurizio Lojacono, che in appello ha affiancato il collega Motta, Sergio Vigilante è stato infatti assolto per non aver commesso il fatto in relazione alla prima imputazione e perché il fatto non sussiste in ordine alla seconda. Ebbene, dopo quel clamoroso flop la Procura ha deciso di non fare appello. Sfumato il ricorso per Cassazione, la sentenza assolutoria è quindi passata in giudicato. Fine di un incubo andato avanti per quasi dieci anni.
Sfogliando le motivazioni della sentenza pronunciata nel dicembre dello scorso anno emerge del resto a chiare lettere l’incertezza del quadro indiziario formulato a carico dell’ex leader dell’antiracket. La Corte d’appello, accogliendo le argomentazioni del difensore Lojacono, ha infatti messo nero su bianco la comprovata «attività di Vigilante quale responsabile dell’associazione antiracket sin dal 2008, tanto da rendere necessaria la predisposizione di scorta armata, e di soggetto sottoposto ad attività estorsiva da parte del clan Vollaro. Il ruolo di Vigilante all’interno dell’associazionismo antiracket costituiva certo possibile elemento di rancore per un soggetto come Morcavallo (Mario, ndr), che anche durante la collaborazione non ha smesso di porre in essere condotte estorsive ai danni di commercianti». Tradotto: il pentito avrebbe avuto dei motivi personali, più precisamente dei rancori, per gettare fango addosso a vigilante. La Corte d’appello ha poi evidenziato «la circostanza che le dichiarazioni accusatorie in relazione al suo ruolo di mandante dell’attività estorsiva nei confronti di Claudio Fusaro siano state rese a distanza di tempo dall’inizio della collaborazione (oltre il termine dei 180 giorni, ndr)». Dichiarazioni che dunque potrebbero essere state viziare da carenza di spontaneità. Da qui la decisione della terza sezione di cancellare la precedente condanna a otto anni. Un’assoluzione che da oggi diventa definitiva.