Pippo Scandurra, vicepresidente di Sos Impresa Rete per la Legalità, interviene sulla Gazzetta del Sud sull’importanza di sostenere e valorizzare le costituzioni di parte civile nei processi contro le organizzazioni mafiose.
Di seguito l’articolo pubblicato lo scorso 5 novembre 2020 su La Gazzetta del Sud.
Hanno preteso la sua legna da ardere per l’inverno gratis i tortoriciani, la prima volta. La seconda gli hanno chiesto cinquemila euro in contanti per lasciarlo in pace, ma li ha coraggiosamente denunciati. E ieri mattina l’imprenditore di legname Carmelo Gulino si è costituito parte civile nel maxiprocesso Nebrodi con il suo avvocato, Nino Todaro. […]
Gulino è l’unico imprenditore privato che ieri mattina ha chiesto di costituirsi parte civile. Ci sono poi enti e associazioni che hanno avanzato l’istanza: l’assessorato regionale al Territorio e Ambiente con l’Avvocatura dello Stato, il Comitato Addiopizzo con l’avvocato Fabrizio Ribaudo, le associazioni antiracket Acis di Sant’Agata Militello e Aciap di Patti con l’avvocato Natalino Venuto, l’associazione nazionale “Sos Impresa – Rete per la Legalità” con le diramazioni regionale siciliana e provinciale di Messina con l’avvocato Natalija Bukumirovic, la “Sos -Impresa” con l’avvocato Fausto Amato, il sindacato della Cgil siciliana e messinese con l’avvocato Ettore Cappuccio, e infine la onlus “Solidalia” con l’avvocato Maria Luisa Martorana.
“Gli odierni imputati – si legge nell’atto di costituzione depositato dall’avvocato Bukumirovic -, tutti appartenenti alla criminalità mafiosa, hanno, dunque, operato un rigoroso controllo mafioso in Tortorici, Messina e comuni limitrofi, dall’anno 2010 sino all’attualità. Gli stessi, alla stregua delle abitudini locali criminali, hanno posto in essere una condotta mafiosa che si ben qualifica come una tipica e stereotipata azione vessatoria e coercitiva volta all’accaparramento di un ingiusto profitto ovvero all’acquisizione di attività economiche, tipica del metodo mafioso, avvenuta in linea con il modus operandi adottato dagli affiliati all’organizzazione mafiosa “Cosa nostra” che si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e dell’assoggettamento e omertà che ne deriva. Metodo imperniato sulla forza di intimidazione che ha un ruolo di elemento cardine, di specifico spartiacque volto a circoscrivere la nozione penalmente rilevante di associazione mafiosa”.
E con una nota Pippo Scandurra, vicepresidente nazionale di “Sos Impresa Rete per la Legalità”, sottolinea che “oggi più che mai è indispensabile sostenere e valorizzare le costituzioni di parte civile nei processi contro le organizzazioni mafiose, e bisogna stare al fianco di chi è “toccato”, agli imprenditori che hanno denunciato le richieste di pizzo. E per altro verso non è più possibile far costituire delle associazioni che non seguono costantemente il territorio e non conoscono nemmeno gli imprenditori taglieggiati”.