Il Coordinamento Lombardia di Sos Impresa Rete per la Legalità ha lanciato l’allarme sul rischio che le mafie approfittino della grave crisi economica dovuta all’emergenza Coronavirus per fare man bassa di negozi, bar e ristoranti.
Ne ha parlato Il Redattore Sociale in un articolo.
Il lockdown potrebbe rivelarsi un affare colossale per la criminalità organizzata. Mafia, Camorra e ‘Ndrangheta potranno fare man bassa a Milano di negozi, bar, ristoranti e locali della movida ora in crisi e a corto di liquidità. Le cosche hanno invece tanti soldi sporchi, da riciclare nell’economia pulita.
“Già prima dell’epidemia a Milano c’erano operazioni di compravendita di attività sospette, con società o studi professionali che si presentavano per acquistare i locali più in voga – racconta Ferruccio Patti, presidente di Sos Impresa Milano e vicepresidente di Confesercenti-. Ora che c’è una nuova crisi, sarà più facile per questa gente convincere gli imprenditori a cedere la propria attività o ad accettare soldi in prestito. E mi è già giunto qualche segnale di persone che sono alla ricerca di esercizi commerciali da comprare”.
L’allarme di Sos Impresa Milano fa eco ad altri segnali d’allarme lanciati in queste settimane dalle commissioni antimafia del Consiglio Regionale e del Consiglio Comunale di Milano. Al Pirellone, il Consiglio regionale ha approvato un documento in dieci punti della Commissione Antimafia in cui sono elencati i nuovi rischi di infiltrazione della criminalità organizzata e le possibili misure per arginarli: “La crisi di liquidità delle imprese deve essere velocemente affrontata dalle istituzioni -sottolinea Monica Forte, presidente della Commissione antimafia del Pirellone-. Altrimenti si spiana una strada straordinaria alle mafie. Le istituzioni hanno quindi il compito di rilanciare economia con meccanismi veloci. Senza ovviamente rinunciare alla trasparenza e alla legalità. È un equilibrio da trovare: velocità e legalità”.
Il documento del Consiglio Regionale prevede in particolare che la Regione intervenga per aiutare le imprese nei rapporti con le banche e per concordare uno snellimento delle procedure per l’accesso al credito. Inoltre, che per contrastare il caporalato siano coinvolti i centri per l’impiego nel reclutamento della manodopera per la raccolta di frutta e ortaggi nelle campagne lombarde. Inoltre, un registro delle imprese per le forniture sanitarie e più controlli sugli appalti pubblici.
Il presidente della Commissione Antimafia del Consiglio Comunale, David Gentili, nella seduta di mercoledì 13 maggio, dedicata ai sistemi di prevenzione delle attività di riciclaggio, ha chiesto che siano rafforzati in questo periodo i controlli del Comune “sui cambi degli assetti societari nelle aziende che investono nella ristorazione e quelle che hanno in gestione appalti”. Un modo per scovare l’infiltrazione delle cosche e dei clan nell’economia è quello di controllare i cambi di proprietà delle imprese oltre che di quelle nuove magari intestate a giovanissimi o anziani all’apparenza privi di reddito ma con capitali sospetti. Nel Comune di Milano c’è un ufficio dedicato alla lotta al riciclaggio e da quando è stato costituito, nel 2014, ha segnalato all’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, 303 operazioni sospette riguardanti 234 società e 210 persone fisiche, per un totale di 144 milioni di euro per una movimentazione totale di capitale pari a non meno di 1 miliardo e 110 milioni di euro.
Numeri, quelli del Comune, che lasciano intuire la posta in gioco. Perché si tratta solo della punta dell’iceberg. E gli imprenditori che denunciano tentativi di estorsione o di usura si contano sulle dita di una mano. Nel 2019 a Milano le denunce per usura presentate alle Forze dell’Ordine sono state appena due, mentre i casi seguiti dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Milano sono stati 97, in netto calo rispetto agli anni precedenti, visto che nel 2018 se ne registrarono 206 e nel 2017 si arrivò a 244.
Nonostante diverse inchieste della magistratura abbiano rivelato quanto mafia, camorra e ‘ndrangheta siano radicate a Milano, è ancora diffusa l’idea tra gli imprenditori e l’opinione pubblica che il fenomeno sia marginale, rispetto ad altre regioni d’Italia. “Il primo contatto tra la criminalità organizzata e l’imprenditore avviene spesso tramite personaggi dal volto amichevole, come amici, conoscenti, oppure studi professionali o società all’apparenza in regola -spiega Eleonora Montani, docente di criminologia all’Università Bocconi e vicepresidente di Sos Impresa Milano-. E i tassi con cui questi personaggi prestano denaro non sono alti, perché alle cosche interessa soprattutto riuscire a fagocitare l’impresa. Prestano soldi perché sanno che non potranno pagare no in fondo, ma si aprirà la strada per entrare nell’impresa”.
Per combattere il fenomeno “lo Stato deve dimostrare di esserci -aggiunge Montani-. Soprattutto dimostrando di mettere in campo misure economiche anticrisi snelle, che aiutino le imprese e le loro associazioni di categoria a risolvere i problemi. C’è bisogno di un grande lavoro di sensibilizzazione sulle potenziali vittime, perché stiamo attente a non cedere a chi offre loro denaro facile”.