Francesco Salamone racconta in una lettera la sua storia di imprenditore siciliano che ha detto no al pizzo e alla mafia. La sua nave Sweet Harmony è oggi intitolata a Sos Impresa.
Mi chiamo Francesco Salamone, milazzese di origine e dall’età di 8 anni ho svolto l’attività di pescatore insieme a mio padre ed ai miei fratelli. Nell’anno 2002, stante le difficoltà nel settore della pesca nonché la stanchezza fisica data da una vita di sacrifici, io e la mia famiglia abbiamo deciso di investire nel settore del turismo.
Così, nell’anno 2002 io e la mia famiglia abbiamo costituito la società Navisal Srl, ed impegnando tutti i nostri risparmi e ottenendo un mutuo, abbiamo progettato e acquistato la motonave “Eolo d’Oro”. Questa iniziativa ci ha permesso di mandare avanti non soltanto tutte le famiglie di noi fratelli, ma anche di dar lavoro a tante altre persone che – come noi – hanno deciso di lavorare duramente dall’alba e fino a notte fonda in questo nuovo settore del turismo, facendo la spola tra Milazzo e le isole eolie ed organizzando varie gite turistiche.
Il nostro progetto andava avanti, sia pur tra mille fatiche, fino a quella famosa notte del dicembre 2014, che diede inizio ad un incubo. La motonave veniva integralmente demolita da un vile attentato incendiario – mediante l’utilizzo di ben 200 litri di benzina, così come rivelato da un collaboratore di giustizia – e con essa tutte le fatiche e risparmi di una vita ed il lavoro di oramai 10 famiglie. Ricordo ancora oggi le colonne di fuoco, impetuose come la paura e la disperazione che si leggeva nei nostri occhi.
Sin da subito manifestammo i nostri sospetti alle Autorità locali che tempestivamente presenziavano sui luoghi, sospetti poi confermati dagli sviluppi giudiziari. L’attentato era infatti figlio di logiche estorsive provenienti dal clan del luogo, a cui avevamo scelto di non piegarci. Nel frattempo, supportato dal mio legale di fiducia, ho avuto modo di conoscere Francesco Arcadi, presidente della locale associazione antiracket e subito dopo anche il suo Presidente Nazionale, Dott. Giuseppe Scandurra. Grazie a loro io e la mia famiglia abbiamo potuto ritrovare la speranza, quella che ci ha fatto credere che avremmo potuto vincere contro questo vile sistema, che l’onestà ed il duro lavoro ha sempre la meglio rispetto al resto. Basta crederci.
Supportati da loro abbiamo avuto il coraggio e soprattutto la forza di reagire, rialzandoci per ricostruire la nostra azienda ripartendo dalle ceneri della nave oramai distrutta. E così, credendo nello Stato e fiduciosi nella legislazione che tutela le imprese colpite da queste gesta vili, abbiamo fatto fronte, indebitandoci, l’acquisto di una nuova nave, cercando di ripartire senza perderci d’animo.
Oggi che il nostro sacrificio ha avuto risposta con un significativo gesto da parte dello Stato, mi sento in dovere di riconoscere il giusto merito a tutti coloro i quali ci hanno dato fiducia, invitandoci a non perdere mai la speranza e soprattutto di gridare a gran voce quanto sia utile e giusta la Legge 44 del 1999, norma emanata a tutela e favore delle imprese vittime di estorsione ed usura.
Mi sento in dovere di ringraziare a gran voce i Carabinieri ed il Prefetto di Messina Maria Carmela Librizzi che, sin da subito, ci hanno supportato facendoci sentire forte la presenza dello Stato insieme ad un sopporto morale che ci ha aiutato a non arrenderci agli eventi devastanti che ci hanno colpito. Non dimenticherò mai la grande emozione provata nel 2016 durante la mia testimonianza alla riunione delle Associazioni Antiracket nazionali, tenutasi presso la Base della Marina Militare nella zona falcata di Messina, davanti al Comandante Generale dei Carabinieri, Gen. Tullio Del Sette, ed i massimi vertici istituzionali nazionali, dove, dopo aver raccontato con grande emozione la mia storia, con le lacrime agli occhi mi sono stretto in un abbraccio forte con il Comandante provinciale dei Carabinieri di Messina, Col. Mannucci Benincasa ed il Comandante della Compagnia di Milazzo, Cap. Ruotolo, e con il sempre presente ed oramai considerato un fratello, Pippo Scandurra.
È lì che ho sentito che oramai la mia famiglia si era allargata ai Carabinieri ed alla rete per la legalità antiracket. Ma soprattutto, non ultimo, mi sento di dare il giusto e grande riconoscimento allo Stato, per aver dimostrato di esserci sempre, per dare risposte così significative a noi cittadini onesti e lavoratori.
Per questo sentimento di riconoscenza che provo e che mi riempie il cuore di gioia sento il bisogno di farvi sapere che il mio desiderio di incontrarvi è forte e che in qualsiasi momento luogo o tempo io ci sono e ci sarò. Sappiate che da oggi la mia motonave in aggiunta al suo nome presente nei registri navali “Sweet Harmony” sarà per tutti la nave della rete per la legalità, S.O.S Impresa.