Sono trascorsi 32 anni dalla pubblicazione della lettera al “caro estortore” pubblicata da Libero Grassi sulle pagine del Giornale di Sicilia per esternare pubblicamente il suo no alle pretese estorsive della mafia.
Il 10 gennaio 1991 è senza dubbio alcuno la data in cui è possibile fissare la nascita del movimento antiracket nel nostro Paese.
Giusto un anno fa Lino Busà, responsabile del Centro Studi TE.MI. di SOS IMPRESA Rete per la Legalità Aps pubblicò una riflessione su questo tema che oggi riproponiamo insieme alla determinazione della nostra organizzazione ad eleggere la data del 10 gennaio a giornata nazionale dell’antiracket auspicando che possa essere istituita dal Governo e dal Parlamento nazionale come la “giornata nazionale dell’antiracket”.
Questa è anche la data nella quale riemerge sempre con maggiore forza la necessità di una nuova, libera e moderna riflessione sull’intero movimento antiracket nazionale, sulla sua storia, sui suoi successi e sui suoi errori, sulla fase attuale e sulle strategie per il suo rafforzamento e rilancio unitario ed aperto.
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LA STORIA DEL MOVIMENTO ANTIRACKET HA UNA DATA D’INIZIO: IL 10 GENNAIO 1991.
È il giorno della pubblicazione sul Giornale di Sicilia, della lettera aperta intitolata “Lettera al caro estorsore” nella quale l’imprenditore palermitano Libero Grassi, rivolgendosi a chi gli chiedeva di “mettersi in regola” dichiarava apertamente” io non vi pago”.
A differenza di tanti altri imprenditori che subivano in silenzio il ricatto mafioso, lui si era ribellato e aveva gridato forte la sua indignazione: No! Non pago e non starò zitto come fanno tanti altri: io voglio parlare….
È in queste parole la forza della testimonianza di Libero Grassi, nell’aver reso la denuncia del pizzo un fatto pubblico.
Prima di lui, c’erano stati altri commercianti che avevano denunciato, ma sempre in una dimensione circoscritta agli addetti ai lavori, uffici di polizia o tribunale, senza nessuna rilevanza pubblica, nemmeno mediatica.
Libero rompe le catene del silenzio, trasformando quello che fino a quel momento era vissuto come un problema personale in una questione pubblica. Il pagamento del pizzo riguardava innanzitutto il mondo imprenditoriale, ma anche la politica, le Istituzioni, l’intera comunità. Era in gioco la libertà di fare impresa.
Pagare era ritenuto sino a quel momento un fatto fisiologico, inevitabile, l’estorsione era considerata una cosa normale a cui adattarsi, con cui convivere e veniva considerata né più né meno che una delle tante “tasse” che i commercianti, gli imprenditori erano costretti a pagare, per di più ad una consorteria di bassa manovalanza criminale.
Libero si ribellò e dimostrò che era possibile dire no. Certo la mafia, che lui sfidò, dopo mesi pensò di spegnere quella voce sparandogli, alle spalle, il 29 agosto a Via Alfieri. Ma in realtà quella voce dopo il suo omicidio vigliacco divenne il seme che germogliando diede l’avvio al movimento antiracket che oggi compie 30 anni e che nel corso di questo trentennio si è radicato in tutta Italia, in certi luoghi in modo fisico e organizzato, in altri ancora solo in modo culturale, ma in questi anni tutti hanno appreso che non esiste solo il racket, dal 1991 esiste anche l’antiracket popolare e di massa fatta di imprenditori, commercianti e volontari che organizzano la resistenza contro la mafia e le estorsioni.
In una parola, spostare dallo Stato alle famiglie mafiose la “signoria” del territorio.
In questo senso la denuncia di Libero fu una grande fatto “politico”, con cui volenti o nolenti, tutti hanno dovuto fare i conti, anche quando si erano precedentemente girati dall’altra parte o, peggio ancora, hanno dato vergognosi suggerimenti di “accomodamenti” con la mafia.
Quella data in qualche modo segna una demarcazione: un “prima” e un “dopo”. In quegli anni si colloca anche la nascita di SOS Impresa. Costituita formalmente nel 1992, ma nata intorno all’idea maturata dalla Confesercenti di Palermo di raccogliere l’Appello di Libero e mettere a disposizione delle vittime un numero verde per raccogliere denunce.
Nasce da quella data il termine “antiracket”, sebbene dobbiamo attendere la sua tragica fine per definirla pienamente come espressione caratterizzante un movimento, costituito prevalentemente di commercianti e piccoli imprenditori, che ha impostato in termini organizzati la denuncia.
Noi riteniamo che a questo punto, oltre le celebrazioni e la memoria, è necessario fare un passo avanti più forte, utile e giusto. È giunto il momento, a nostro avviso, di fermarsi, riflettere liberamente sui primi trent’anni di questo movimento e, guardando avanti, rafforzare e rilanciare una nuova stagione, di prevenzione e lotta al racket e alle infiltrazioni mafiose nel sistema economico, per la libertà delle imprese e della democrazia. In questi trent’anni il movimento antiracket è stato unito e forte poi si è diviso e si è indebolito. È forse il tempo di tornare alle ragioni e agli obiettivi comuni per superare le differenze e riconquistare l’unità e la forza di un tempo, anzi magari ancora di più. Noi pensiamo che ciò sia possibile e necessario. Soprattutto oggi che, in piena crisi economica da Covid, le mafie stanno potenziando, con il racket e con l’usura, la loro strategia di infiltrazione del sistema economico in tutto il Paese.
Lanceremo, pertanto, in occasione del trentennale una iniziativa nazionale diretta proprio a fare una riflessione profonda e seria di quello che è stato il movimento e, soprattutto, di quello che può e deve essere nei mesi e negli anni a venire. Questo nell’interesse degli operatori economici liberi, di quelli già vittime del ricatto estorsivo e/o di condizionamenti mafiosi ma soprattutto per liberare i territori e il sistema imprese dalle mafie che attraverso il pizzo rafforzano il loro potere e lo esercitano, poi, in capo a tutti, non solo alle loro vittime dirette.
Nel 1992 nascono le prime esperienze di SOS IMPRESA, in Sicilia, a Roma, a Torino, Bari, Genova, Milano e Napoli. Il 2022 lavoreremo perché da quella stagione e da quelle esperienze si traggano i migliori insegnamenti e si individuano adeguate strategie per rilanciare nuove e moderne iniziative di prevenzione e contrasto al racket e all’usura dalla Sicilia alle regioni del nord del Paese. Se necessario passando anche da una profonda modernizzazione del sistema associativo antiracket e antiusura più coerente e adeguato ai tempi.
Nel nome di quella ribellione che il 10 gennaio del 1991 Libero Grassi incarnò, oggi siamo chiamati tutti a continuare, migliorando, quella strada segnata dal suo coraggio e dalla sua determinazione.
Il 10 gennaio potrebbe essere la data giusta per istituire una giornata nazionale contro il racket e l’usura nel nostro Paese.
Lino Busà
Responsabile nazionale del “Centro Studi TEMI per la Legalità”