L’ex senatore Lorenzo Diana, per anni paladino antimafia, è stato scagionato da ogni accusa di corruzione e di rapporti con i clan.
Riportiamo l’articolo de Il Mattino del 17 dicembre 2020 che racconta la vicenda.
Non era un politico al servizio della camorra casalese. Non faceva anticamorra di facciata, E non c’è alcuna prova che abbia distribuito incarichi in cambio di documenti buoni ad impreziosire la carriera del figlio nella Figc. Cade anche l’ultima accusa a carico di Lorenzo Diana, ex senatore di centrosinistra, per anni riconosciuto come paladino dell’antimafia al punto tale da finire nel mirino di progetti omicidiari da parte degli stessi casalesi.
Ieri mattina è stato il gip Marco Giordano a chiudere l’ultimo filone investigativo che lo aveva investito, con una «osservazione» che è fin troppo chiara: il procedimento in esame non può che essere archiviato.
Cade l’accusa di corruzione, Lorenzo Diana viene archiviato assieme all’altro imputato, l’avvocato Manolo Iengo (difeso dagli avvocati Vincenzo D’Alessandro e Paola Tafuro), al termine di un procedimento penale nato da una costola di un’inchiesta condotta dal pool antimafia nel 2015 (Cpl concordia, metanizzazione dell’agro aversano). Dopo l’archiviazione dall’accusa più grave, quella di concorso esterno in associazione camorristica, cala anche il sipario su quella strana triangolazione che gli era costata l’accusa di corruzione, ai tempi in cui era amministratore del Caan, il centro agricolo alimentare del comune di Napoli.
Ricordate quella vicenda? In sintesi, Diana era accusato di aver preso parte ad un accordo con l’avvocato Iengo, fondato su una sorta di scambio di favori: avrebbe ottenuto un certificato di dirigente della Frattese da Manolo Iengo (procuratore della Figc), un attestato utile alla carriera del figlio, in cambio della consulenza legale all’avvocato. Per lui e per Iengo, niente processo. Caso chiuso per entrambi. Difeso dal penalista Francesco Picca, Diana ha atteso per cinque anni questo giorno. La sua posizione era stata archiviata nel corso del procedimento principale, quello legato al concorso esterno in associazione camorristica, ma voleva uscire a testa alta dall’intera vicenda che lo aveva riguardato cinque anni fa. Destinatario di un divieto di dimora in Campania, ha ottenuto via via la revoca del provvedimento, per poi presentarsi al cospetto dei pm per ribadire la piena estraneità alle accuse che gli sono state contestate.
Doverosa una domanda. Cosa ha spinto il giudice ieri mattina a chiudere il caso? Diversi i punti affrontati nel corso della memoria difensiva, stando alla lettura del ragionamento del provvedimento del giudice. Prima una questione formale: le intercettazioni da cui era emersa la storia del Caan erano emerse dall’inchiesta madre, quella sulla Cpl Concordia e sui presunti legami con i casalesi, quindi ritenute inutilizzabili. Prosciolto per il concorso esterno, gli atti alla base delle accuse di corruzione non potevano essere usati nel corso di un processo per corruzione. Poi c’è stata una analisi nel merito, almeno alla luce del ragionamento che emerge dalla memoria difensiva presentata in Procura e dinanzi al gip. Un punto su tutti. Il Caan non è un soggetto pubblico, sottoposto alla disciplina del contenimento della spesa, ma soggetto con un regime privatistico che rendeva possibili gli incarichi fiduciari. Ma la difesa ha battuto anche su un altro punto: non è emerso alcun collegamento di incarichi a Iengo e le attività da quest’ultimo svolte in materia di Federcalcio. Per lui, nell’orribile 2020, la storia si riannoda su se stessa e ritorna indietro di almeno cinque anni.